Ambassador AI: il volto digitale che può dare un tocco di innovazione alla tua comunicazione

C'è un nuovo protagonista nella comunicazione digitale. Non dorme mai, non sbaglia tono, non ha crisi d’identità, eppure parla, si muove e incarna alla perfezione i valori di un brand. Si chiama Ambassador AI, ed è molto più di una moda tech passeggera: è una figura strategica destinata a cambiare per sempre il modo in cui le aziende dialogano con il proprio pubblico.

Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di avatar digitali sempre più realistici. E anche se oggi siamo ancora lontani da una perfetta simulazione della presenza umana, le tecnologie di generazione automatica stanno evolvendo a ritmi impressionanti. Lip sync sempre più accurati, movimenti facciali naturali, gestualità credibili: tutto ciò che un tempo richiedeva giorni di lavoro e post-produzione ora può essere generato con un click. Una rivoluzione che segna un netto distacco rispetto ai processi lenti e artigianali che, nel 2016, avevano dato vita alla prima vera influencer virtuale: Lil Miquela.

 

Lil Miquela: la pioniera dell’influenza digitale, prima ancora dell’AI

Quando Lil Miquela è apparsa su Instagram nel 2016, ha scosso il mondo dei social media con il suo mix di realismo e artificio. Giovane, stilosa, socialmente impegnata, sembrava una ragazza in carne e ossa. Ma osservandola da vicino, qualcosa nel suo volto lasciava intuire che non fosse reale. E in effetti non lo era. Miquela era (ed è) un personaggio virtuale, creato dal collettivo creativo Brud, una startup di Los Angeles specializzata in storytelling e tecnologia.

Il suo successo, però, non derivava da un’intelligenza artificiale: ogni contenuto era pensato, scritto e pubblicato da un team umano. Le immagini venivano prodotte tramite software 3D e fotoritocco, la voce era doppiata da attori reali, i testi curati come una vera sceneggiatura. Miquela non era altro che una finzione orchestrata con straordinaria coerenza narrativa. Ma tanto bastava per convincere milioni di follower, conquistare le copertine di riviste, firmare contratti con brand come Prada, Calvin Klein e Samsung.

Nonostante fosse priva di intelligenza propria, Lil Miquela ha aperto un varco culturale: ha dimostrato che anche una presenza digitale costruita a tavolino può essere percepita come autentica, se sostenuta da una narrazione solida. È stata il primo esperimento riuscito di “umanizzazione digitale”, aprendo la strada a numerosi altri progetti – da Shudu a Imma, da Bermuda a Aitana – ognuno con una diversa forma di realismo e coinvolgimento.


 

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Questa assenza di AI non toglie nulla alla sua portata storica. Al contrario: Miquela ha dimostrato per prima che un personaggio virtuale può essere percepito come “reale”, seguito, amato, criticato, imitato. È stata il prototipo culturale su cui si sono costruiti decine di altri progetti nel mondo, da Shudu Gram a Imma, da Bermuda a Blawko. Ma ha anche messo in luce i limiti di un’influenza digitale non interattiva: ogni sua parola era filtrata da esseri umani, ogni reazione studiata a tavolino.

Screenshot 2025-06-16 alle 21.47.31Shudu Gram modella AI

Dall’illusione alla conversazione: l’era dell’AI generativa

Oggi, però, la situazione è cambiata radicalmente. I nuovi ambassador AI non sono più marionette digitali controllate a distanza, ma entità semi-autonome in grado di parlare, reagire e apprendere. Grazie a modelli linguistici avanzati come ChatGPT, questi avatar possono dialogare in tempo reale, adattare il tono a seconda del contesto e persino gestire interazioni complesse. Con software come Synthesia, D-ID o Inworld AI, è possibile creare personaggi virtuali che animano video, webinar o eventi con voce e mimica credibili. La sintesi vocale generativa (come quella offerta da ElevenLabs o Murf.ai) consente inoltre di personalizzare ogni ambassador, rendendolo unico nel suono e nello stile.

In questo nuovo scenario, il salto non è solo tecnologico: è concettuale. Se Lil Miquela era una creatura “pre-scriptata”, oggi gli ambassador AI sono interlocutori digitali capaci di evolvere nel tempo e diventare parte attiva nella comunicazione di un brand. Non si limitano a rappresentarlo: lo personificano.

 

Una voce italiana in un mercato globale

’Italia si affaccia all’era degli avatar

In Italia, il fenomeno è ancora agli inizi ma cresce rapidamente. Tra le prime a emergere c’è Francesca Giubelli, la prima influencer AI italiana, nata nel 2024. Il suo look elegante e mediterraneo – ispirato a icone come Monica Bellucci e Sofia Loren – è stato pensato per incarnare il fascino del Made in Italy. Francesca promuove viaggi, prodotti, cultura e turismo, partecipando anche a eventi reali. Secondo quanto annunciato, potrebbe persino candidarsi a sindaco di Roma nel 2027: una provocazione? Forse. Ma anche un segnale di quanto rapidamente stia cambiando il confine tra rappresentazione e realtà.

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Un altro esempio significativo è Zoe De Biasi, ambassador AI del brand McFIT Italia. Presentata nel marzo 2025, Zoe è una figura creata per ispirare la community fitness con contenuti motivazionali, video workout e rubriche dedicate al benessere. Nata digitalmente a Torino e “simulata” come studentessa di Scienze Motorie, Zoe è una presenza costante e ottimista, pensata per affiancare (e non sostituire) i volti reali delle palestre McFIT.

La sua accoglienza da parte del pubblico è stata vivace e divisa. Da un lato, molti hanno accolto con curiosità e simpatia la novità, sottolineando come Zoe rappresenti coerenza e costanza – "almeno lei non salta la palestra", ha commentato qualcuno ironicamente. Dall’altro, non sono mancate critiche sul piano dell’autenticità: può davvero ispirare chi non fatica davvero? Il brand ha chiarito la sua posizione: Zoe non è un’alternativa ai trainer o agli ambassador umani, ma un’estensione della comunicazione, un volto che può accompagnare e motivare in modo nuovo e coinvolgente.

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Ci aspetta una nuova frontiera tra umano e artificiale

La nascita degli ambassador AI segna l’inizio di una nuova era della comunicazione: un'epoca in cui volti sintetici ma credibili possono dialogare con le persone, raccontare storie e rappresentare valori. Non si tratta di sostituire gli esseri umani, ma di potenziare l’esperienza di marca con strumenti nuovi, sempre disponibili, perfettamente coerenti e altamente personalizzabili.

Se Lil Miquela ha inaugurato la stagione degli avatar, figure come Zoe e Francesca ci dimostrano che l’Italia è pronta a sperimentare un nuovo modo di comunicare, dove creatività e tecnologia si incontrano per dare vita a personalità digitali che non dormono, non sbagliano tono, e – soprattutto – parlano a nome dei brand in un linguaggio che evolve con il pubblico. E forse, per la prima volta, anche con sé stesse.

 

 

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