Per anni abbiamo usato internet sempre allo stesso modo: apriamo il browser, scriviamo qualcosa su Google, clicchiamo un link e... ripetiamo da capo. Ma oggi questo rituale familiare potrebbe essere rivoluzionato da una nuova generazione di browser. Sono alimentati dall’intelligenza artificiale e, se manterranno le promesse, potrebbero cambiare per sempre il nostro rapporto con la rete — e mettere in discussione il predominio di Google. Perplexity e il suo Comet: il browser che pensa al posto tuo Tra i nomi che stanno facendo più rumore c’è Perplexity, startup sostenuta da giganti come Nvidia, che ha appena presentato Comet: un browser che non si limita a mostrarci siti web, ma li capisce, li riassume, e ci risponde come farebbe un assistente personale. Con Comet, puoi porre una domanda a voce o per iscritto e ricevere una risposta chiara, sintetica, magari con una panoramica di fonti utili. Hai bisogno di trovare una data nella tua casella Gmail? Comet ci arriva direttamente. Vuoi un riepilogo di un articolo lunghissimo? Te lo prepara in pochi secondi. La promessa è quella di un’esperienza senza frustrazioni, senza pubblicità invasive e con una privacy molto più rispettata: secondo Perplexity, i dati dell’utente restano locali e non vengono usati per addestrare i modelli AI. C’è solo un piccolo ostacolo per ora: il browser è riservato agli utenti “premium”, con un abbonamento mensile da ben 200 dollari. Ma una versione per il pubblico più ampio dovrebbe arrivare presto. OpenAI entra in campo: un browser firmato ChatGPT Anche OpenAI, la casa madre di ChatGPT, sta sviluppando il proprio browser AI. L’idea alla base è semplice e potente: se un assistente come ChatGPT è già in grado di rispondere a quasi tutto, perché dovremmo passare da un motore di ricerca? Il progetto di OpenAI dovrebbe essere un browser capace di offrire un’interazione conversazionale fluida, supportata da comandi vocali e da una “memoria” in grado di ricordare il contesto delle ricerche precedenti. Non è solo una questione di funzionalità: OpenAI punta a rendere la navigazione un’esperienza più fluida, quasi invisibile. Tanto che alcune voci suggeriscono piani ben più ambiziosi, come l’interesse (in caso di spin-off forzato) per acquisire direttamente Chrome, il browser di Google. Apple, Brave e altri si muovono (senza fare troppo rumore) Nel frattempo, anche altri attori si stanno preparando alla rivoluzione. Apple sta lavorando per integrare capacità AI dentro Safari, con l’obiettivo di migliorare la ricerca e l’interazione col web. Brave, da sempre attento alla privacy, sta testando strumenti intelligenti per aiutare l’utente a trovare più velocemente ciò che cerca, senza essere tracciato a ogni passo. C’è anche chi prova a reimmaginare tutto da zero, come The Browser Company, che lavora su esperienze utente radicalmente nuove. È chiaro che nessuno vuole restare indietro in questa corsa. E Google? Il suo impero è davvero in pericolo? Google regna incontrastato nel mondo dei browser e delle ricerche online, con numeri che parlano da soli: oltre il 90% delle ricerche mondiali passa dai suoi server, e Chrome è il browser predefinito per milioni di persone. Ma cosa succede se l’AI riesce a tagliare fuori la fase “cerca su Google”? Se i nuovi browser offrono già una risposta — ben formulata, aggiornata e citata — a che serve una pagina con dieci link blu? Per Google potrebbe essere un colpo durissimo, soprattutto perché il suo business si basa in gran parte sugli annunci pubblicitari. Meno ricerche, meno clic, meno entrate. A peggiorare la situazione, ci sono anche le indagini antitrust che minacciano di spezzare il legame tra Google, Chrome e Android. Per la prima volta da anni, la posizione dominante di Big G vacilla. Un web che parla con noi (e ci ascolta) Il cambiamento non è solo tecnico. È culturale. Siamo abituati a pensare al browser come a uno strumento passivo. I browser AI lo trasformano in un partner attivo, che ci aiuta, anticipa le nostre intenzioni, seleziona ciò che conta davvero. È un’idea potente, ma anche carica di implicazioni: chi decide quali informazioni ci vengono mostrate? Cosa succede alla pluralità delle fonti? E dove vanno a finire i nostri dati? Le domande sono molte, ma la direzione è chiara: stiamo per entrare in una nuova era del web. Una navigazione più intelligente, più personalizzata, forse più efficiente. Ma anche più concentrata in poche mani. Sta a noi, come utenti, restare curiosi e critici. Perché se il browser diventa la nostra nuova “voce nel web”, allora scegliere bene chi ci parla — e chi ascolta — non è mai stato così importante.