Come cambierà l'idea stessa di viaggiare. Da “turista” a “co-creatore dell’esperienza”
Per secoli, viaggiare è stato sinonimo di scoperta geografica, evasione e svago. Oggi, invece, il viaggio sta mutando radicalmente pelle. Non è più solo una pausa dalla routine, ma un percorso evolutivo, una ricerca di senso, relazione e trasformazione, un'evoluzione in cui il turista non è più un soggetto "passivo" ma diventa sempre più "attivo", un vero e proprio "contributore" e "co-creatore" di esperienza.
Questo trend è destinato ad affermarsi sempre di più entro i prossimi 5-10 anni e l’idea stessa di “viaggio” evolverà non solo grazie alle tecnologie emergenti, ma anche alla convergenza di fattori sociali, valoriali, climatici e digitali. Ma procediamo a step.
Questa nuova idea di viaggio non nasce per caso, ma è il risultato di cambiamenti profondi nei valori, nelle tecnologie e nei bisogni dei consumatori. Quante volte ci è capitato di interfacciarci con un Millenial e un Gen Z che, entusiasta, vi ha raccontato del prossimo viaggio pianificato, un viaggio di connessione più che di visita? E la percezione della connessione, diventa palese quando ascolti come descrivono il viaggio stesso, dall'uso della parola "esperienza autentica" che diventa ossessivamente presente nella conversazione.
A sostenere questo shift della concezione di viaggio concepito come spostamento fisico e quindi "destinazione", a viaggio-connessione e quindi "trasformzione interiore," ci sono diverse ricerche.
Airbnb in un report del 2023 pubblicato sui viaggiatori under 35 afferma che il 68% opta per esperienze che favoriscono "relazioni significative". Questo dato indica che una larga maggioranza dei giovani viaggiatori non sceglie più le destinazioni solo per motivi estetici o di svago (es. paesaggi, eventi, relax), ma perché vogliono entrare in contatto autentico con persone, storie e culture. Cercano esperienze che li facciano sentire parte di qualcosa, anche temporaneamente.
E questo include Incontri con host locali e famiglie del posto, partecipazione a rituali comunitari, sagre, laboratori artigianali, Viaggi di gruppo con sconosciuti, ma con affinità valoriali, Coinvolgimento in cause locali (volontariato, sostenibilità, progetti culturali).
Questo dato viene confermato ulteriormente dalla ricerca di Euromonitor International del 2024 che afferma che le esperienze di viaggio "comunitarie" sono cresciute del 23% dal 2022 ed insieme ad esse tutte le offerte turistiche basate su interazione sociale e senso di appartenenza: dallo slow tourism nei borghi all’agriturismo partecipativo, fino ai retreat o ai viaggi co-creati con le comunità ospitanti.
È un segno chiaro: il viaggio è sempre più relazione e sempre meno consumo.
🔍 Dati chiave: Il 68% dei viaggiatori under 35 cerca esperienze che favoriscano relazioni significative (Airbnb Trend Report 2023). Le esperienze “comunitarie” sono cresciute del 23% dal 2022 (Euromonitor Report 2024).
Le origini della trasformazione
Ma Da dove nasce questo switch più intimo, relazionale? Una delle risposte è la necessità, in un’epoca di iperconnessione, di sperimentare autenticità nella vita reale, in risposta probabilmente al mondo patinato a cui ci hanno abituato i social. Il viaggio diventa quindi uno spazio per relazioni vere, offline e non filtrate, un momento in cui si evolve, una sorta di palestra di trasformazione personale.
Ma la ricerca di autenticità non è l'unico driver di questo cambiamento in atto: la crescente necessità di sentirsi bene, la crescita della flessibilità lavorativa e la diffusione del "workation" insieme al crescere di tecnologie come l'AI e la realtà aumentata stanno contribuendo a ridefinire il concetto di viaggio.
🔍 Dati chiave: Il segmento del turismo trasformativo cresce del 21% annuo (Global Wellness Institute). Il “turismo relazionale” è tra i 5 megatrend della decade (Skift, 2024).
In un contesto di questo tipo come devono evolvere i brand turistici?
Nel turismo del futuro, i brand turistici non dovranno più limitarsi a vendere esperienze standardizzate, ma agire come facilitatori di trasformazione personale. Questo significa offrire percorsi di viaggio personalizzati sulla base dello stato emotivo, dei valori e delle intenzioni profonde del viaggiatore, non più solo sulla base dell’età, del reddito o della provenienza geografica.
Questo ha una implicazione profonda che mette in discussione i classici modi di proporre il turismo e allo stesso tempo di fare segmentazione. Il modo tradizionale di individuare il segmento target (es. “giovani 25-35, coppie senza figli, alto spendenti”) sta diventando obsoleto perché non coglie le vere motivazioni che guidano la scelta di una destinazione. Due persone della stessa fascia d’età possono avere desideri completamente opposti: uno cerca stimoli creativi, l’altro silenzio e rigenerazione.
Ed è in questo frangente che tecnologie come l'AI entrano in gioco non solo in fase di segmentazione e quindi proposta personalizzata di viaggio, ma ancora prima nel funnel nel momento in cui l'utente inizia a cercare.
E' chiaro a tutti ormai il cambiamento epocale in atto. La ricerca turistica, così come tante altre ricerche, sta attraversando una trasformazione profonda, e uno dei cambiamenti più significativi riguarda lo shift dal classico Google Search all’intelligenza artificiale conversazionale. Questo cambiamento non è solo tecnologico: è cognitivo, culturale e strategico. Cambia il modo in cui le persone pensano, formulano desideri e interagiscono con l’informazione.
Siamo di fronte a un vero e proprio shift da keyword a intenzioni. Se prima, infatti, le persone cercavano con parole chiave (es. “cosa vedere a Venezia in 3 giorni”) oggi (e sempre di più domani: formulano domande complesse, aperte, orientate a desideri personali (es. “Qual è una città italiana che mi aiuti a riconnettermi con me stesso?”).
L’AI conversazionale, a differenza dei motori di ricerca tradizionali, interpreta l’intenzione, il contesto e l’emozione dietro la domanda.
Va da sè che, in questo contesto, la lista di link della Google search rischia di diventare sempre più obsoleta rispetto alla sintesi ragionata e personalizzata che puoi ottenere con l'AI.
Questo cambia radicalmente l’approccio alla scoperta turistica: la ricerca non è più un punto di partenza, ma un processo co-creativo.
L’utente non vuole più solo leggere una guida o un articolo, ma vuole co-creare con l'AI, vuole una raccomandazione adatta al proprio momento, profilo e stato emotivo.
🌐 Esempio: un utente può chiedere “voglio un luogo in Italia dove posso lavorare da remoto ma anche fare passeggiate al tramonto e incontrare persone interessanti”, e ricevere una proposta contestualizzata, aggiornata e geograficamente precisa.
L'AI L’intelligenza artificiale può infatti raccogliere e interpretare segnali digitali come la search intent, la cronologia di viaggio, le interazioni social, le risposte a test emozionali, per costruire un “profilo emozionale dinamico” del viaggiatore, che evolve nel tempo e quindi consentire una segmentazione molto più profilata e appunto intima.
🧠 Questo profilo diventa la base per suggerire itinerari personalizzati che non puntano solo al “cosa fare”, ma al “come vuoi sentirti”.
Le tre implicazioni strategiche per il turismo
1. La SEO tradizionale perderà peso a favore della CO
I brand turistici dovranno ottimizzare per l’AI, non solo per Google.
Questo significa che i contenuti, dovranno essere pensati per essere utili nel dialogo AI e quindi chiari, strutturati, coerenti con valori umani. Occorrerà pertanto implementare strategie di "Conversational Optimization" (CO): anticipando le domande, intercettando le intenzioni, curando il tono.
Ma cosa implica la CO?
1.1 Scrivere contenuti “intenzionali”, non solo informativi
Occorrerà scrivere testi e creare contenuti, passando dal “cosa fare a…” a “quando andarci, con che spirito, cosa aspettarsi”. L'inserimento nel sito di micro-narrazioni emotive che aiutano l’AI a capire per chi è adatto un certo luogo.
✅ Esempio: “Questo sentiero è ideale per chi cerca silenzio e una camminata riflessiva, lontano dalla folla.”
1.2 Utilizzare strutture semantiche leggibili per l’AI
Ovvero la formulazione di FAQ ben formattate con domande complete (es. “Qual è la miglior stagione per visitare l’Altopiano di Piné se cerco tranquillità?”) Titoli chiari, paragrafi brevi, liste puntate e infine dati strutturati (schema.org) per aiutare l’indicizzazione semantica.
Dati strutturati (schema.org) per aiutare l’indicizzazione semantica.Facendo un esempio concreto possiamo immaginarci uno scenario: Un DMO di una valle alpina vuole promuovere l’inverno non sciistico.
1.3 Incorporare segnali emozionali e valoriali
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L’AI non ragiona solo su base logica, ma ricalca il linguaggio umano, quindi è fondamentale inserire parole chiave emozionali: “ispirazione”, “connessione”, “ritrovare sé stessi”, “relazioni autentiche”.
1.4 Creare contenuti multimodali “riusabili”
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Testi, audio, immagini, video che l’AI possa “riassumere” o “consigliare” in base a contesto e device come ad esempio un video esperienziale con sottotitoli emozionali: “Lascia che il silenzio ti guidi.”
Quindi se ci dovessimo immaginare uno scenario di evoluzione di contenuti passeremmo da una SEO classica: “10 cose da fare in Val di Sole d’inverno” a: CO conversazionale: articoli e contenuti che rispondono a domande come:
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“Cosa posso fare in montagna se non amo sciare?”
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“Dove posso rigenerarmi con mia madre dopo un periodo stressante?”
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“Quali attività possono aiutarmi a dormire meglio e respirare aria buona?”
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2. I siti dovranno diventare “interfacce dialogiche”
Non solo homepage e menù, ma esperienze conversazionali integrate (es. chatbot AI-first, sistemi di raccomandazione predittivi).
Oggi la maggior parte dei siti turistici si presenta ancora in forma catalogica e unidirezionale: homepage, menù a tendina, pagine “Cosa fare”, “Dove dormire”, “Contatti”. Ma l’utente contemporaneo — abituato a esperienze conversazionali in tempo reale con Alexa, Siri o ChatGPT — si aspetta dialogo, guida attiva e contenuti personalizzati in base al proprio stato d’animo o intento.
Questo vuol dire trasformare il sito web da contenitore passivo a piattaforma dialogica che:
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Capisce il contesto e il profilo dell’utente
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Risponde a domande complesse, non solo navigazione per link
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Suggerisce proattivamente contenuti, esperienze o itinerari su misura
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Evolverà, nel tempo, in base alle interazioni
Concretamente questo di traduce in:
2.1 Integrare un assistente AI visibile e discreto, che accolga l’utente con domande utili e allo stesso tempo lasci spazio alla navigazione autonoma. Sono veri e propri travel assistant o travel designer che dialogano, apprendono e accompagnano l’utente nell’intera fase di ispirazione → pianificazione → prenotazione.
2.2 Segmentare i contenuti emozionalmente, non solo per categoria (es. “Esperienze per chi cerca ispirazione / silenzio / connessione umana”).
2.3 Utilizzare l’AI predittiva per ordinare i contenuti dinamicamente, non con logica statica di menù.
2.4 Creare uno “story builder interattivo”: un mini quiz o percorso decisionale guidato in cui l’utente co-crea il proprio itinerario.
2.5 Offrire l’opzione di “parlare con un esperto reale”, integrando l’AI con operatori umani.
3. L’esperienza di ricerca sarà il primo “touchpoint emozionale”
Chi intercetta bene le domande interiori e non solo quelle informative, guadagna fiducia prima ancora del primo click.
Nel turismo del futuro, la fiducia si costruisce prima ancora dell’acquisto: intercettare le domande interiori – legate a emozioni, valori, bisogni profondi – permette ai brand di connettersi empaticamente. Non basta informare: serve comprendere. Chi ci riesce diventa guida, non solo fornitore, creando relazioni prima delle conversioni.
Il turismo sta vivendo una trasformazione radicale. Il viaggio non è più solo movimento nello spazio, ma evoluzione nella propria interiorità.
I brand turistici che sapranno ascoltare più che parlare, emozionare più che informare, co-creare più che vendere, saranno quelli capaci di costruire relazioni autentiche e durature con il viaggiatore del futuro.
Perché nel nuovo turismo non vince chi vende meglio, ma chi comprende più a fondo.