Oggi nel nostro blog tratteremo delle origini della parola ABRACADABRA, un argomento che potrebbe sembrare fuori contesto rispetto ai nostri articoli incentrati sul business, servizi marketing e retail & intelligenza artificiale, ma ricordatevi sempre che nulla è lasciato al caso in LFM. Ma prima di svelarvi l'arcano vi portiamo in un viaggio affascinante e curioso. La parola "abracadabra", infatti, è oggi sinonimo di magia, illusionismo e incantesimi da palcoscenico, ma le sue radici affondano in un terreno ben più antico e complesso, in bilico tra medicina, religione, superstizione e ritualità esoterica. Per comprendere davvero l'importanza storica di questo termine, è necessario fare un viaggio indietro nel tempo, all'epoca dell'Impero Romano, quando la parola aveva tutt'altro che una connotazione da spettacolo.
La testimonianza di Quinto Sereno Sammonico
Il primo utilizzo documentato della parola “abracadabra” appare nel II secolo d.C., grazie a Quinto Sereno Sammonico, un erudito e medico romano autore dell'opera Liber Medicinalis (detto anche De medicina praecepta saluberrima), una raccolta di consigli e rimedi terapeutici in versi.
Sammonico era una figura di spicco nel suo tempo: fu precettore dell’imperatore Caracalla e medico di corte, oltre che filologo e conoscitore della tradizione magico-religiosa romana. Nel suo trattato, consigliava l’uso di un amuletum, ovvero un talismano, su cui scrivere la parola “abracadabra” in forma decrescente, fino a farla svanire. Questo era ritenuto un rimedio efficace contro la febbre e le malattie debilitanti, in particolare le febbri cosiddette "semiterzane", molto diffuse nell'antichità.
Ecco l’esempio testuale che troviamo nel Liber Medicinalis:
"inscribis chartae quod dicitur Abracadabra
semper demptae littera sumatur
usque dum totum compleat angustum…"
Tradotto:
Scrivi su una pergamena la parola Abracadabra,
sottrai a ogni riga una lettera,
fino a che non resta nulla.
Questa progressiva “sparizione” delle lettere non aveva solo valore simbolico: era ritenuta una forma di esorcismo visivo, capace di allontanare il male, dissolvendo la parola e con essa la malattia.
Funzione apotropaica e rituale dell’amuleto
La configurazione a triangolo invertito della parola, con la riga che perde una lettera per volta, era parte integrante del rito. Il paziente doveva indossare l’amuleto intorno al collo per nove giorni, e al termine del periodo, la pergamena o il talismano andava gettato in un corso d’acqua che scorresse verso ovest — direzione simbolica legata alla discesa del sole e quindi alla scomparsa del male.
Il principio alla base era quello della simpatia magica, secondo cui la forma e il gesto influenzano la realtà. Dissolvere la parola significava dissolvere la malattia.
L’amuleto era solitamente scritto su pergamena, ma esistono anche testimonianze di incisioni su metallo, avorio, o pietra, a dimostrazione della larga diffusione e della persistenza del rito. Alcuni di questi oggetti sono oggi conservati in musei di storia antica e archeologia medica.
Contesto culturale e sincretismo religioso
Il periodo in cui compare “abracadabra” è cruciale: l’Impero Romano del II-III secolo d.C. era un crocevia di religioni, culture e pratiche esoteriche. Accanto alla religione romana ufficiale convivevano culti orientali, come quello di Mitra, influenze egizie, dottrine gnostiche, tradizioni ebraiche e pratiche magiche di ogni sorta.
In questo contesto, la parola "abracadabra" si inserisce perfettamente come formula magica sincretica, che poteva attingere a diverse fonti spirituali. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che il termine abbia origini:
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Gnostiche, collegate alla parola Abrasax (o Abraxas), nome attribuito a un’entità divina che rappresentava il potere supremo, spesso inciso su gemme magiche e amuleti. Abraxas, nella numerologia greca, ha un valore numerico di 365 — tanti quanti i giorni dell’anno, altro segno di potere cosmico.
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Ebraiche e Aramaiche, dove potrebbe derivare da “Avrah KeDabra”, ossia “Io creo mentre parlo”, collegando il potere del linguaggio alla creazione della realtà, un principio molto forte anche nella Cabala e nella mistica ebraica.
Queste diverse origini non si escludono a vicenda, ma si sovrappongono in un contesto culturale permeabile, dove medicina, magia e religione non erano compartimenti stagni, bensì si contaminavano continuamente.
Diffusione nel Medioevo e nel Rinascimento
L’uso della parola "abracadabra" non si fermò con l’Impero Romano. Durante il Medioevo, la pratica di indossare amuleti con la scritta magica continuò, soprattutto nei momenti di crisi, come durante le epidemie di peste o carestia. Il termine era incluso in grimori (libri di magia), manuali di medicina popolare e preghiere apotropaiche.
Nel Rinascimento, con la riscoperta del pensiero antico e delle scienze esoteriche, “abracadabra” tornò alla ribalta nei testi di alchimia, astrologia e magia naturale. Autori come Cornelio Agrippa o Paracelso, pur non citandola sempre direttamente, contribuirono a tenere vivo l’interesse per le formule antiche e le loro presunte proprietà taumaturgiche.